martedì 29 marzo 2016

L'uomo e la natura - La "Vergine delle rocce" di Leonardo da Vinci

Leonardo da Vinci, Vergine delle rocce, 1483-86, Musée du Louvre, Parigi.

Nel 1483 Leonardo da Vinci comincia a dipingere a Milano, su committenza della Confraternita dell'Immacolata Concezione, una pala d'altare (da collocare nella cappella della Confraternita nella chiesa di San Francesco Grande) oggi nota come la "Vergine delle Rocce". Di quest'opera esistono due versioni (la prima, conservata al Louvre, l'altra alla National Gallery di Londra) e diverse copie ed è sicuramente uno dei più ammirati capolavori di Leonardo, ma anche uno dei più complessi e controversi, poiché alcuni elementi dell'opera, ricca di rimandi biblici, teologici e simbolici, rimangono tuttora poco chiari ed enigmatici. Secondo alcuni, una creazione a tal punto misteriosa e ambigua da essere rifiutata dagli stessi committenti.
In essa sono raffigurati nell'ingresso di una grotta la Vergine insieme a San Giovannino, al piccolo Gesù e ad un angelo (dell'incontro nel deserto tra Giovanni Battista e Maria e Gesù Bambino in fuga verso l'Egitto si racconta nei Vangeli apocrifi e in altri testi devozionali). La Vergine siede al centro della composizione; il suo sguardo è rivolto teneramente a San Giovanni raccolto in preghiera, con il braccio destro gli cinge le spalle mentre tiene la mano sinistra sollevata sulla testa del Figlio in gesto di protezione. Gesù Bambino con la mano benedice il piccolo Giovanni mentre l'Angelo alle sue spalle rivolge lo sguardo allo spettatore, indicando con l'indice della mano destra il Battista. I quattro personaggi, legati insieme da un sapiente dialogo muto fatto soprattutto di direttrici dello sguardo e di gesti delle mani, sono idealmente rinchiusi entro uno spazio piramidale tridimensionale che ha per vertice la testa di Maria.

Dietro il gruppo sacro si scorge un paesaggio roccioso che crea attorno alle figure una vasta penombra, sfumata verso una luminosità lontana. Leonardo riesce a dare l’illusione di profondità applicando alla pittura i risultati delle sue osservazioni sull’atmosfera e definendo lo spazio con l’uso della prospettiva aerea. L'artista aveva osservato che i colori e le forme perdono di intensità e di nitidezza man mano che aumenta la loro distanza dall'osservatore, in quanto fra quest'ultimo e gli oggetti da rappresentare si interpone uno spessore d'aria sempre maggiore, una sorta di velo che sfoca e confonde la visuale. Per questo, se la parte in primo piano è resa in modo dettagliato, il paesaggio in lontananza si perde invece nella foschia.


Altra caratteristica della pittura di Leonardo è lo sfumato: la linea di contorno dei volumi rappresentati viene annullata grazie a un morbido passaggio chiaroscurale, facendo sì che si ottenga una compenetrazione tra figura e atmosfera. I corpi umani, infatti, non sono isolati in forme definite e circoscritte, ma si fondono con l’ambiente circostante: i colori delle vesti, dei capelli e dell’incarnato dei personaggi richiamano quelli del corso d’acqua, delle rocce e delle piante presenti nello scenario.
Nella Vergine delle rocce, come in tutta la produzione pittorica di Leonardo, il tema centrale è la ricerca del rapporto tra luce e ombra. Nell’opera vi sono due fonti di luce: la prima filtra dalla spaccatura delle rocce e illumina il fondo della grotta, accentuando l’effetto di profondità e di mistero, la seconda, esterna al dipinto, illumina i protagonisti. Leonardo evita di contrapporre in maniera forte le ombre e le zone in luce, scarta i colori troppo brillanti e intensi e, ricorrendo largamente al chiaroscuro, preferisce rendere con dolcezza le penombre, le zone grigie, gli sfumati. La sua è una innovativa tecnica che punta al naturalismo, all’equilibrio sia fisico che psicologico della scena.
La grotta si divide in due spaccature di differente grandezza, i quali ci consentono di spingere lo sguardo su un paesaggio montuoso avvolto da luce e foschia e su un corso d'acqua cristallina. Alcuni di questi elementi possiedono un valore legato al simbolismo mariano, secondo il quale l'acqua rappresenta la purezza della Madonna, così come alla sua condizione virginale fa riferimento “la montagna non scissa dalla mano dell'uomo”. L'opera sembra celare infatti il mistero dell'Immacolata concezione, con la manifestazione delle viscere della natura, in cui la Vergine sembra incastrarsi a perfezione, che evoca il mistero di quel grembo materno destinato ad accogliere il Figlio di Dio.
Alcuni hanno voluto vedere nelle rocce una funzione semantica, rivolta a dare figura e dicibilità al mistero cristiano della Trinità, una sorta di anticipazione della Rivelazione trinitaria che sarebbe avvenuta successivamente sulle rive del fiume Giordano. A questo proposito le rocce in alto rimanderebbero alla mano-cupola della Madonna, le rocce a sinistra alle mani giunte di San Giovanni e i pinnacoli dietro Maria al dito puntato dell'angelo (per alcuni esegeti simbolo dello Spirito Santo). La Vergine delle rocce sarebbe insomma un’opera configurata come una fitta rete di relazioni e rimandi simultanei non solo tra i personaggi presenti, ma anche tra questi e il mondo naturale in cui sono collocati.




Ma il motivo delle rocce non riguarda solo le necessità simboliche e religiose legate al mistero della Immacolata Concezione e della Trinità. Le montagne, le caverne, i corsi d'acqua si coniugano perfettamente con la visione che Leonardo ha del mondo e con la particolare impostazione della sua ricerca, volta a penetrare i segreti dei fenomeni dell’universo, soprattutto in relazione al tema del movimento e delle trasformazioni incessanti della natura e della terra.
La rappresentazione della realtà visibile è da Leonardo costruita in base a determinate considerazioni scientifiche: egli raffigura il paesaggio considerando i fattori fisici e variabili della luce, della prospettiva, dell’ora del giorno, della densità dell’aria, dell’altitudine, come parti costitutive essenziali della realtà naturale osservata. Anche le approfondite ricerche dell’artista-scienziato sulla natura trovano traccia nel dipinto, sia nella precisa e minuziosa riproduzione dell’erba, delle foglie, dei muschi (quasi da manuale botanico), sia nella forma e nella struttura delle rocce.




Leonardo riproduce una complessa formazione geologica, rendendo alla perfezione i dettagli nelle tessiture rocciose e nelle forme disegnate dall’erosione. In questo dipinto, la grotta che si apre a mostrarci una riserva d'acqua alpina, anticipa quei concetti geologici ed idrologici che Leonardo esprimerà successivamente nell'ambito delle sue riflessioni scientifiche sul "corpo della terra". Nel Codex Leicester Leonardo scriverà: “La terra ha uno spirito di crescita. La carne è il suolo; le ossa la stratificazione delle rocce che formano le montagne; il sangue l’acqua sorgiva”. L’uomo, in quanto avente corpo composto dai quattro elementi, ha in sé la medesima struttura della terra. Microcosmo e macrocosmo si corrispondono; la terra in cui viviamo non è altro che un immenso corpo vivente.
Mai prima di allora un dipinto di soggetto sacro aveva raffigurato il mondo fisico con altrettanta evidenza. Leonardo ha rappresentato il movimento di innalzamento delle montagne, la forza che erode e trasforma le rocce, gli effetti che il tempo lascia sulle cose, la potenza invisibile che agisce nei corpi inanimati, rendendoli simili a quelli viventi.
Si possono qui ripetere le parole che Argan ha scritto a proposito di un altro famoso paesaggio leonardesco, quello presente dietro la Monna Lisa: “Non è un paesaggio veduto né un paesaggio fantastico: è l'immagine della natura naturans, del farsi e disfarsi, del ciclico trapasso della materia dallo stato solido, al liquido, all'atmosferico: la figura non è più l'opposto della natura, ma il termine ultimo del suo continuo evolvere.”

Leonardo da Vinci, La Gioconda, 1503-06 ca., Museo del Louvre, Parigi.

In questo si concretizza quello che è stato definito l’aspetto animista di Leonardo: l’universo è specchio totale e tutto ciò che si trova in esso è parte viva dell’anima del mondo.
Il pittore non guarda agli elementi naturali secondo una logica di pura oggettività inerte, ma osserva la realtà con l’intento non tanto di rappresentarla, ma soprattutto con quello di giungere a coglierne le leggi intime, alla ricerca delle sue origini e delle forze che la animano. Queste forze sono entità vitali che presiedono alla continua metamorfosi del mondo, al suo divenire incessante e Leonardo identifica proprio nel mondo delle rocce ed in quello delle acque il luogo di osservazione privilegiato della metamorfosi geologica e temporale del mondo. 
Le montagne, le rocce, le caverne sono i luoghi ove la natura esprime meglio l’energia convulsa che la anima; esse recano i segni perenni del movimento e del mutamento della terra, dell’azione delle forze che vivificano la natura, dell’energia vitale che fluisce nell’universo, determinando le condizioni della vita e scatenando l’immane e spesso oscura interazione degli elementi, che nei mari, nelle montagne e nei cieli, come nell’animo umano, provocano mutamenti e movimenti e spesso inspiegabili, irrazionali disordini.
Siamo ormai fuori dal contesto dell’armonia platonica che domina buona parte del quattrocento, lontani dalla prospettiva immobile e perfetta della città ideale. Con Leonardo ci si addentra nella misteriosa, potente e inquietante realtà delle forze naturali che dominano il ciclo della vita e della morte. 

Leonardo da Vinci, Vergine delle Rocce, 1491-99 e 1506-08, National Gallery Londra.




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