lunedì 23 gennaio 2017

L'uomo e la natura - La natura deformata. L'urlo di Munch


E. Munch, Il grido, 1893. Olio, tempera e pastelli su cartone, 91 x 73.5 cm., Oslo Nasjonalmuseet.

«Mi ricordo benissimo, era l’estate del 1893. Una serata piacevole, con il bel tempo, insieme a due amici all’ora del tramonto. […] Cosa mai avrebbe potuto succedere? Il sole stava calando sul fiordo, le nuvole erano color rosso sangue. Improvvisamente, ho sentito un urlo che attraversava la natura. Un grido forte, terribile, acuto, che mi è entrato in testa, come una frustata. D’improvviso l’atmosfera serena si è fatta angosciante, simile a una stretta soffocante: tutti i colori del cielo mi sono sembrati stravolti, irreali, violentissimi. […] Anch’io mi sono messo a gridare, tappandomi le orecchie, e mi sono sentito un pupazzo, fatto solo di occhi e di bocca, senza corpo, senza peso, senza volontà, se non quella di urlare, urlare, urlare… Ma nessuno mi stava ascoltando: ho capito che dovevo gridare attraverso la pittura, e allora ho dipinto le nuvole come se fossero cariche di sangue, ho fatto urlare i colori. Non mi riconoscete, ma quell’uomo sono io.»

L'uomo e la natura - LA NATURA PRIMITIVA DI PAUL GAUGUIN


Paul Gaguin, Arearea, 1892, Parigi, Museo d'Orsay.

Anche Gauguin, come Cézanne, Seurat o Van Gogh, è stato un innovatore, capace di andare oltre l'Impressionismo e di inventare nuovi linguaggi, aprendo la strada ai movimenti di inizio Novecento. Eternamente inquieto e insoddisfatto, nel 1886 Gauguin abbandona famiglia e figli per votarsi completamente all'arte; poiché detesta la vita cittadina e l'ipocrisia del mondo contemporaneo, parte alla volta di Pont-Aven, in Bretagna, la regione più rurale della Francia e pertanto la meno corrotta dalla civiltà. Il pittore sente in quella terra un che di primitivo, selvaggio, istintivo.

EDWARD HOPPER: UNA FINESTRA SULLA SOLITUDINE URBANA.

Sono rari i quadri di Edward Hopper in cui non compaia una porta, una finestra, una vetrina o un finestrino, che l’ambiente sia una stanza, o un ufficio, o lo scompartimento di un treno, o la camera di un motel, o un desolato bar notturno. Anche i paesaggi visti dalla strada si soffermano sulle facciate delle case, e in particolare sulle finestre. Hopper intuiva bene che la finestra è l’anima di un edificio, un focus metafisico, ciò che permette lo sguardo dall’interno verso l’esterno, così come dall’esterno verso l’interno.
Si potrebbe dire che la finestra è il luogo dello sguardo per eccellenza.
Se osserviamo i quadri di Hopper, notiamo subito una cosa: i personaggi sono quasi sempre seduti: su un letto, su una sedia, su una poltrona o sul marciapiede: sembra come se a un certo punto avessero deciso di fermarsi, di arrestare la propria quotidianità. Li vediamo assorti nei loro pensieri con il capo chino oppure intenti a guardare fuori da una finestra o verso un orizzonte lontano, con lo sguardo vuoto di colui che guarda ma non vede. Non sono all’ombra, quasi mai al buio, i personaggi di Hopper, anzi il più delle volte sono investiti da una luce intensa, naturale o artificiale, dimostrando che anche la luce, e non solo l’ombra e l’oscurità, è capace di trasmettere inquietudine e solitudine.
Passiamo ora ad analizzare tre dipinti di questo grande artista, che rappresentano altrettanti punti di vista, tre diverse direzioni dello sguardo del pittore e, conseguentemente, dell’osservatore.

1. LO SGUARDO DALL’INTERNO

Il primo di questi è lo “sguardo dall’interno”, cioè il punto di vista che parte da un ambiente chiuso e ha una qualche uscita verso l’esterno, e lo spettatore si sente invitato a entrare dentro questo luogo di intimità. Nella maggior parte dei casi lo sguardo del personaggio presente è rivolto verso questa via di uscita, costituita quasi sempre da una finestra. Il punto di vista è spesso laterale, oppure collocato alle spalle del personaggio, e l’esterno può essere appena visibile o mostrare un’ampia visuale, costituita da altri edifici, oppure da un paesaggio naturale.

Edward Hopper, Morning Sun, 1923

giovedì 5 gennaio 2017

L'uomo e la natura - LA NOTTE STELLATA DI VINCENT VAN GOGH

“Spesso penso che la notte sia più viva e più riccamente colorata del giorno”: in un lettera al fratello Theo, van Gogh annuncia così il dipinto che costituisce uno dei suoi capolavori, Notte Stellata.
Dal maggio 1889, il pittore è internato nell’ospedale psichiatrico di Saint-Paul-de-Mausole, vicino Saint-Rémy-de-Provence, diretto dal dottor Peyron. Il gesto dell’automutilazione del lobo dell’orecchio destro, seguito alla rottura con Gauguin, aveva messo clamorosamente in luce i problemi psicologici e il profondo disagio interiore dell’artista, deciso però a voler guarire, come dimostrano le struggenti lettere indirizzate al fratello. A Saint-Rémy, dove gode di una certa libertà e può continuare a dipingere anche all’aperto, van Gogh realizza tra i più bei capolavori della sua pittura. Questo è per l’artista il periodo di maggiore solitudine e sofferenza interiore, caratterizzato da crisi ricorrenti e terrificanti allucinazioni, ma anche quello più visionario, ricco di grafismi concitati e ossessivamente ripetuti.
I soggetti delle sue opere durante questa fase sono soprattutto i paesaggi circostanti l’istituto, trasfigurati da una intensa carica espressiva. Nascono a Saint-Rémy dipinti come “Notte stellata”, “Ulivi con le Alpilles sullo sfondo”, “Strada con cipresso sotto il cielo stellato”.


Vincent van Gogh, Notte stellata, 1889, Museum of Modern Art, New York - Public Domain via Wikipedia Commons

Le Bagnanti di Cézanne

Il tema dei bagnanti (sia uomini che donne) occupa una parte importante nella produzione di Cézanne. A conclusione di un lungo percorso di ricerca, cominciato più di vent’anni prima, si collocano le tre composizioni chiamate le Grandi Bagnanti, opere di grande formato cui l’artista lavorò negli ultimi anni di attività, dal 1895 al 1906, e che vengono considerate il testamento spirituale del pittore. Quella più nota, cui il pittore si dedicò per sette anni fino alla morte, oggi conservata presso il Museum of Art di Philadelphia, è quella che viene spesso indicata come l’opera di maggior equilibrio realizzata dall’artista e che sarà fonte di ispirazione per generazioni di futuri pittori.


Le grandi Bagnanti, olio su tela, 1906, Museum of Art, Philadelphia, Public Domain via Wikipedia Commons


L'uomo e la natura - LE DÉJEUNER SUR L’HERBE, LA COLAZIONE CHE FECE SCANDALO

Nella storia dell’arte, uno dei quadri che più suscitarono clamore e scandalo presso il pubblico e la critica ad esso contemporanei è stato il celebre Déjeuner sur l’herbe, del pittore francese Édouard Manet, dopo Courbet uno dei maggiori rinnovatori della pittura francese dell’Ottocento. Realizzata undici anni prima della mostra che diede avvio all’Impressionismo, questa tela rappresenta uno dei simboli che incarnano la rivoluzione artistica del XIX secolo.

Édouard Manet, Déjeuner sur l'herbe, 1863, Musée d'Orsay, Parigi - Public Domain via Wikipedia Commons

Intitolato in un primo tempo Le Bain, il quadro fu respinto dalla giuria del Salon del 1863. Quell’anno, le opere rifiutate dall’esposizione ufficiale furono molto numerose; così, per contenere le proteste degli artisti, Napoleone III ordinò che i quadri respinti fossero esposti in alcune nuove sale del Palais de l’Industrie, sede del Salon. Nacque così il “Salon des Refusés”, di cui la grande tela di Manet divenne il principale motivo di attrazione, a causa delle polemiche suscitate dalla sua esposizione. I critici e il pubblico giudicarono l’opera volgare e oscena, non solo a causa del soggetto (la presenza di nudi femminili in compagnia di giovanotti borghesi), ma anche per la modernità dello stile cromatico e compositivo. La stessa corte imperiale dichiarò il quadro “un’offesa al pudore”. Questo episodio fu il primo atto d’una battaglia destinata a protrarsi per circa trent’ anni. Manet divenne di colpo il pittore più noto in tutta Parigi, un rivoluzionario suo malgrado, in quanto non era certamente quella la celebrità cui aspirava.

mercoledì 4 gennaio 2017

L'uomo e la natura - William Turner

Joseph Mallord William Turner, La nave negriera, 1840, Museum of Fine Arts, Boston - Public Domain via Wikipedia Commons

Il sublime è un'idea che attraversa la cultura europea tra la metà del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento, intersecando Illuminismo e Romanticismo e assumendo configurazioni differenti e orientamenti disomogenei nelle diverse culture nazionali. Questa idea moderna di sublime investe essenzialmente il rapporto dell'uomo con la natura e si afferma in opposizione alla concezione classica del “bello”. La natura dei romantici non è immutabile e pervasa di quieta grandezza come quella dei pittori neoclassici, ma è scossa da un'infinita energia distruttiva e creatrice al tempo stesso, che la trasforma incessantemente; ad essa corrisponde specularmente la natura umana, che non è arida razionalità, bensì un tumulto di sentimento, istinto, passione.
I maggiori interpreti del Sublime in pittura sono l'inglese Joseph Mallord William Turner e il tedesco Caspar David Friedrich.